IL DECENNIO DI PAPA FRANCESCO

  “Insieme al Grande Iman Ahamad Al-Tayyeb dichiariamo di adottare la cultura del dialogo come VIA, la collaborazione comune come CONDOTTA e la conoscenza reciproca come METODO E CRITERIO”.

Queste parole, fissate ad Abu Dhabi, sono entrate nel cuore della storia, il 2 febbraio 2019, nella “dichiarazione sulla fratellanza umana per la pace mondale e la convivenza comune”. Riassumono il decennio di papato di papa Francesco (2013-2023). Restammo stupiti dal suo “Buona Sera”, dal balcone della Basilica di san Pietro, nel pomeriggio del 13 marzo 2013. Era uno stile completamente diverso.
Ma anche di continuità, poiché poco dopo, il 23 marzo, eccoli abbracciati, tutti e due i Papi: Francesco con l’anziano Benedetto! Segno di una capacità di unire il presente nuovo con un passato segnato da tanta storia e tanto zelo.
Incontenibile l’itinerario pastorale in dieci anni di pontificato: 3 encicliche, 5 Esortazioni apostoliche, 35 Motu Proprio, 39 Costituzioni apostoliche, 266 lettere Apostoliche, 28 viaggi pastorali in Italia, 40 fuori dall’Italia (5 in Africa, 11 in Asia, 2 nelle Americhe settentrionali e 6 nell’America latina, oltre a 16 in Europa). Ben scelte le mete, per viaggi carichi di messaggi precisi. A cominciare da Lampedusa, 8 luglio 2013, contro la “globalizzazione dell’indifferenza”, per finire ai più recenti, in Africa.
L’“Evangelii Gaudium” fu un programma pastorale attuato nei vari anni successivi. “Correre come Maria di Magdala, conquistati dalla gioia per il vangelo” divenne il titolo del Sinodo diocesano. Il libro omaggio alla grandezza di papa Francesco ne riporta il titolo, per farsi programma per il Molise, che di gioia ha immenso bisogno!.
Nel 2014 il 5 luglio, ci ha fatto visita, in Molise. Con i suoi sette discorsi ha tracciato come una piccola Enciclica. Ha parlato al mondo del lavoro all’UNIMOL. Ha celebrato in una grande tenda di bambu, allo stadio Romagnoli, con un’omelia gioiello, sull’immagine della Madonna della Libera, per ricordarci che la Chiesa è libera nella libertà di Dio, che si realizza nell’amore”, chiedendo a noi di essere una Chiesa materna, Chiesa accogliente e premurosa verso tutti!”. Ha salutato con affetto i tanti ammalati nella cattedrale. Si è fermato alla mensa per i poveri, da lui inaugurata. Ha esultato in una grande festa con i giovani a Castelpetroso. E ad Isernia ha visitato i carcerati, gettando semi di speranza, sulla scia di san Pietro Celestino.
Un’altra pietra miliare è stata la Enciclica sociale Laudato SI, dono del 24 maggio 2015.
Tutti i gruppi “laudato SI” l’hanno presa come riferimento fondativo.

LE DIECI PERLE DEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO

1. La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà. (Evangelii Gaudium n. 46)

2. In questo universo, composto da sistemi aperti che entrano in comunicazione gli uni con gli altri, possiamo scoprire innumerevoli forme di relazione e partecipazione. Questo ci porta anche a pensare l’insieme come aperto alla trascendenza di Dio, all’interno della quale si sviluppa. La fede ci permette di interpretare il significato e la bellezza misteriosa di ciò che accade. La libertà umana può offrire il suo intelligente contributo verso un’evoluzione positiva, ma può anche aggiungere nuovi mali, nuove cause di sofferenza e momenti di vero arretramento. Questo dà luogo all’appassionante e drammatica storia umana, capace di trasformarsi in un fiorire di liberazione, crescita, salvezza e amore, oppure in un percorso di decadenza e di distruzione reciproca. Pertanto, l’azione della Chiesa non solo cerca di ricordare il dovere di prendersi cura della natura, ma al tempo stesso «deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di sé stesso». (Laudato Si n.79)

3. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana. (Laudato Si n. 217)

4. L’amore implica dunque qualcosa di più che una serie di azioni benefiche. Le azioni derivano da un’unione che inclina sempre più verso l’altro considerandolo prezioso, degno, gradito e bello, al di là delle apparenze fisiche o morali. L’amore all’altro per quello che è ci spinge a cercare il meglio per la sua vita. Solo coltivando questo modo di relazionarci renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti. (Fratelli Tutti n. 94)

5. L’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è a sua volta per gli sposi via di crescita nella vita della grazia. È il «mistero nuziale». Il valore dell’unione dei corpi è espresso nelle parole del consenso, dove i coniugi si sono accolti e si sono donati reciprocamente per condividere tutta la vita. Queste parole conferiscono un significato alla sessualità, liberandola da qualsiasi ambiguità. Tuttavia, in realtà, tutta la vita in comune degli sposi, tutta la rete delle relazioni che tesseranno tra loro, con i loro figli e con il mondo, sarà impregnata e irrobustita dalla grazia del sacramento che sgorga dal mistero dell’Incarnazione e della Pasqua, in cui Dio ha espresso tutto il suo amore per l’umanità e si è unito intimamente ad essa. Non saranno mai soli con le loro forze ad affrontare le sfide che si presentano. Essi sono chiamati a rispondere al dono di Dio con il loro impegno, la loro creatività, la loro resistenza e lotta quotidiana, ma potranno sempre invocare lo Spirito Santo che ha consacrato la loro unione, perché la grazia ricevuta si manifesti nuovamente in ogni nuova situazione. (Amoris Laetitia n. 74)

6. Contempla Gesù felice, traboccante di gioia. Gioisci con il tuo Amico che ha trionfato. Hanno ucciso il santo, il giusto, l’innocente, ma Egli ha vinto. Il male non ha l’ultima parola. Nemmeno nella tua vita il male avrà l’ultima parola, perché il tuo Amico che ti ama vuole trionfare in te. Il tuo Salvatore vive. (Christus Vivit n.126)

7. Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l’umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita. Dio non ha paura! Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia (cfr Fil 2,6-8; Gv 1,14). Per questo, se oseremo andare nelle periferie, là lo troveremo: Lui sarà già lì. Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì. (Gaudete et Exultate n.135)

8. La pace è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:- la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;- la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;- la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire. (dal Messaggio per la II Giornata Mondiale per la pace)

9.La Chiesa, rispondendo al mandato di Cristo “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, è chiamata ad essere il Popolo di Dio che abbraccia tutti i popoli, e porta a tutti i popoli l’annuncio del Vangelo, poiché nel volto di ogni persona è impresso il volto di Cristo! Qui si trova la radice più profonda della dignità dell’essere umano, da rispettare e tutelare sempre. Non sono tanto i criteri di efficienza, di produttività, di ceto sociale, di appartenenza etnica o religiosa quelli che fondano la dignità della persona, ma l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27) e, ancora di più, l’essere figli di Dio; ogni essere umano è figlio di Dio! In lui è impressa l’immagine di Cristo! Si tratta, allora, di vedere noi per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo.
Le migrazioni possono far nascere possibilità di nuova evangelizzazione, aprire spazi alla crescita di una nuova umanità, preannunciata nel mistero pasquale: una umanità per cui ogni terra straniera è patria e ogni patria è terra straniera. (dal Messaggio per la Giornata del Migrante e del rifugiato 2014)

10. Nella vicinanza ai poveri, la Chiesa scopre di essere un popolo che, sparso tra tante nazioni, ha la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso, perché tutti coinvolge in un comune cammino di salvezza. La condizione dei poveri obbliga a non prendere alcuna distanza dal Corpo del Signore che soffre in loro. Siamo chiamati, piuttosto, a toccare la sua carne per comprometterci in prima persona in un servizio che è autentica evangelizzazione.
La promozione anche sociale dei poveri non è un impegno esterno all’annuncio del Vangelo, al contrario, manifesta il realismo della fede cristiana e la sua validità storica. L’amore che dà vita alla fede in Gesù non permette ai suoi discepoli di rinchiudersi in un individualismo asfissiante, nascosto in segmenti di intimità spirituale, senza alcun influsso sulla vita sociale. (dal Messaggio per la III Giornata Mondiale dei Poveri).

+ padre GianCarlo Bregantini