DONNE, VITA, LIBERTÀ: UN GRIDO PER RIVENDICARE I DIRITTI NEGATI

“L’espressione “discriminazione nei confronti della donna” concerne ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, su base di parità tra l’uomo e la donna.” Art. 1 della Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (1979)

Diritti diseguali

Le donne, nonostante gli sforzi delle organizzazioni internazionali di diffondere il superamento delle discriminazioni, continuano ad essere penalizzate nella conquista dei diritti. Per secoli le società le hanno identificate e riconosciute quali madri, mogli, soggetti dedite alla cura. Nessuna altra funzione era loro assegnata, tranne rarissime eccezioni: solo un ruolo privato, che oggi sappiamo bene quanto valore, e non solo economico, abbia, anche nel ruolo pubblico. Ha un peso economico pari a molti zeri. Pensiamo alle donne casalinghe che sovrintendono alle attività domestiche, all’educazione dei figli, alla cura delle persone anziane: un notevole risparmio per le finanze dello Stato che, a volte, non accompagna pari ed adeguate politiche di sostegno sociale. La conquista di un ruolo pubblico è stata molto faticosa ed impegnativa. Lunghi anni di lotte, sacrifici, a volte, anche umani. La consapevolezza, anche da parte delle donne, del loro valore ha consentito di percorrere strade faticose con esiti inimmaginabili (il diritto al voto, al lavoro, alla pari dignità, all’istruzione, per citarne alcuni). Ciò nonostante ancora molta strada c’è da percorrere. Non in tutte le società la conquista e la pretesa del riconoscimento dei diritti può essere esercitata in maniera democratica. Prova ne sono le dimostrazioni delle donne in Iran.

“Donna, Vita, Libertà”

è lo slogan curdo, di sfida di un sistema, che ha dato il via alla rivoluzione delle donne in Iran. L’occasione che ha originato all’escalation di proteste l’arresto e la morte di Masha Amini, una ragazza curda iraniana di 22 anni, avvenuta per mano della polizia religiosa, poiché, non portava adeguatamente lo hijab (il velo), lasciando scoperte alcune ciocche di capelli. Tale evento ha scatenato manifestazioni in tutto il paese, dalle campagne, alle città, alle università, ai luoghi di lavoro di giovani, universitari, lavoratori, contadini che chiedono un cambio di paradigma, il diritto alla vita ed alla libertà.  Nata come pacifica protesta per la rivendicazione dei diritti si è ben presto trasformata in una contestazione verso un regime illiberale, totalitario e discriminatorio. Non si chiede sostanzialmente un maggior benessere, pur auspicabile, ma la fine di un regime corrotto ed integralista. Dal 16 settembre dello scorso anno, data dell’uccisione di Masha, ad oggi, migliaia sono state le vittime del regime, anche bambini, che hanno trovato la morte e la prigionia a causa delle loro rivendicazioni, dopo processi sommari e lampo. Le donne, dunque, pur continuando ad essere discriminate, arrestate ed uccise, bruciano nelle piazze, in segno di protesta, il velo, si tagliano i capelli. Sarina Esmailzadck, Fahimeh Karni, Kian Pirfalak (9 anni), Nika Shahkrami, Elnaz Rekabi, Mahake, Asra Panahi, solo alcuni dei nomi e dei volti divenuti simboli della protesta, non più contenibile, che, per il coraggio, ha mobilitato milioni di persone, anche oltre i confini iraniani. Sono le donne la parte più debole ed oppressa che si ribella. Anche in passato si sono avute manifestazioni per rivendicare i diritti. Ciò che distingue l’attuale protesta, che ha al centro la libertà della donna, e la richiesta dei diritti umani, è la nuova e generale solidarietà e consapevolezza da parte della società civile. Peraltro, la mancanza di speranza per il futuro rende i giovani audaci. I giovani, e non solo, desiderano una società più libera, più giusta in cui vivere e coltivare i sogni. Inoltre, il movimento di proteste, a carattere spontaneo, non avendo un leader rende più difficoltoso da parte del regime e della polizia, l’individuazione dei responsabili e la loro repressione. Stiamo assistendo ad una retrocessione dei diritti delle donne in tutto il mondo. Nulla è dato per scontato e per sempre. La strada per la conquista dei diritti, e non solo delle donne, è ancora lunga ed in salita, ma sono certa che sapranno essere protagoniste del loro destino e sapranno migliorare le condizioni dell’umanità, perché come papa Francesco afferma «Le donne guardano il mondo non per sfruttarlo, ma perché abbia vita: guardando con il cuore, riescono a tenere insieme i sogni e la concretezza».

Silvana Maglione