PROPOSTA DI FORMAZIONE

MUSACCHIO: “RENDERE OBBLIGATORIO LO STUDIO DELLE MAFIE NELLA SCUOLA ITALIANA

Intervento del prof. Vincenzo Musacchio al convegno “Quale futuro per la scuola italiana” tenutosi a Roma il 13 gennaio 2023 su piattaforma on line Microsoft Teams.

Anche oggi nel suo intervento ha insistito sul ruolo fondamentale della scuola nella lotta alle mafie, ci spiega brevemente il perché?

La conoscenza del fenomeno mafioso e di tutte le sue sfaccettature criminali dovrebbe rappresentare un impegno morale e materiale per la scuola italiana, principalmente laddove le mafie sono maggiormente radicate. L’assunto prende consistenza dopo oltre trent’anni di presenza nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. La lotta alle mafie va istituzionalizzata nella scuola come un nuovo imperativo categorico. Conoscere le mafie, la loro storia e la loro pervasività politica, economica e sociale sarà indispensabile per la crescita individuale e collettiva della nostra gioventù. Vanno studiate ed approfondite le continue metamorfosi della mafia che è sempre più in grado di agire in diversi e contrapposti segmenti della società e non solo a livello nazionale. La scuola deve insegnare a vincere quel sentimento dell’omertà costruendo un senso civico di comunità che valorizzi il ruolo dei docenti, degli studenti e soprattutto delle famiglie.

Come fare per coinvolgere i nostri giovani?

Gli studenti sono sempre molto curiosi e interessati nel voler conoscere le storie di chi ha combattuto le mafie con la schiena dritta. I ragazzi si sono molto appassionati della storia d’amore tra Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo. A Ferrara e a Termoli, ricordo, mi è capitato che alcuni ragazzi si siano addirittura commossi nell’ascoltare i particolari di questa grande storia d’amore. Questo sicuramente ci fa ben sperare per il futuro. La cultura mafiosa tuttavia in alcuni contesti è un motivo per cui i ragazzi rifiutano la scuola. Si ha paura di sostituire i valori “negativi” nei quali sfortunatamente si cresce. La scuola dovrebbe ribaltare questi valori negativi con conoscenza reale del fenomeno e soprattutto della mentalità mafiosa, come il senso dell’onore, l’omertà, la violenza, cercando di confutare simili comportamenti con l’analisi e la discussione costruttiva. I ragazzi più difficili non vanno affatto assillati. A loro vanno fornite spiegazioni concrete e veritiere; senza ricevere una spiegazione realistica, non accetteranno mai il concetto del cambiamento di mentalità mafiosa. I nostri giovani devono sentirsi coinvolti in prima persona. Ha ragione Maria Falcone: “Chi è mafioso spesso non sa di esserlo, immerso com’è nella sua sottocultura criminale.”

Come reagiscono di solito i ragazzi ai suoi stimoli?

Ho incontrato migliaia di giovani di tutte le età, in ogni parte d’Italia e in tempi diversi, ma ho sempre constatato la loro attenzione e la loro motivazione alla conoscenza. Devo riconoscere che è sempre un’esperienza entusiasmante. Le mie non sono mai state lezioni frontali classiche. Chi mi conosce sa che io vado sempre in mezzo a loro interagendo con ogni loro sguardo e osservando le loro espressioni. C’è quasi un contatto fisico empatico che mi arricchisce sempre di più ogni anno che passa. Credo che i ragazzi, se adeguatamente stimolati, vogliano capire cosa sia la mafia e la mentalità mafiosa. Dico sempre loro che ognuno di noi ha la possibilità di provare a cambiare le cose e a rompere per esempio quel silenzio tanto gradito dalle mafie.

Riusciremo a cambiare la mentalità mafiosa nei nostri giovani?

Il cambiamento della mentalità mafiosa si costruisce con la verità, con il confronto e con il dialogo. La scuola deve servire anche per costruire un substrato culturale in grado di contrapporsi alla sottocultura mafiosa che affascina e che riscuote consensi soprattutto laddove latitano le istituzioni statali. Sono concorde con il pensiero di Gesualdo Bufalino per il quale la mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari. La scuola italiana va riformata. Non serve mandare i nostri figli a scuola solo per studiare nozioni asettiche, bisogna accompagnarli sulla strada consapevole degli studi, bisogna costruire giorno per giorno in essi la consapevolezza che a scuola si va non per ottenere una laurea o un diploma, ma per prepararsi alla vita di tutti i giorni.

La scuola pubblica secondo lei è nemica della mafia?

Assolutamente sì! La scuola pubblica ma anche quella privata è di fatto nemica della mafia.  Non potrebbe essere diversamente poiché l’istruzione è conoscenza e la conoscenza permette il giudizio critico sui fatti.  La scuola ci consente di conoscere le condotte illecite, quelle portatrici di violenza e di prevaricazione e quindi di poter fare una scelta cosciente. La missione principale della scuola è la formazione di studenti e di cittadini consapevoli, liberi, onesti e rispettosi delle regole democratiche.  Istruirsi significa porre al primo posto i principi di verità e giustizia per essere credibili. Giustizia sociale, democrazia e rispetto della Costituzione sono l’humus su cui far crescere la nostra gioventù e quindi la nostra scuola.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

Lucia De Sanctis