Ho scelto questo titolo per caratterizzare lo stato di salute della lingua italiana in Svizzera, ricorrendo per altro ad un’intervista al professore Diego Erba, già coordinatore del Forum per la lingua italiana in Svizzera, promosso dai Cantoni Ticino e Grigioni per la “corretta collocazione dell’italiano nel quadro del plurilinguismo della Svizzera”. Mentre il Ticino è di lingua italiana, nei Grigioni, invece, le lingue ufficiali sono tre: il tedesco (prevalente), il romancio e l’italiano, che è parlato nelle valli a Sud delle Alpi, cioè Mesolcina, Calanca, Poschiavo e Bregaglia. Si può intuire, quindi, che l’italiano in Svizzera – uno dei pochi Stati al mondo in cui l’italiano è una lingua nazionale – ha una posizione minoritaria, spesso fonte di affanno quando le politiche e gli interessi prevalenti minacciano il valore identitario della lingua italiana.
L’adesione del Ticino al Patto federale, attraverso un percorso di alterne vicende, è secolare, come pure la sua proclamazione a Cantone. Al Ticino è spettato quindi il compito storico di difendere la lingua italiana nella Confederazione, sia attraverso i dispositivi normativi come la legge per la protezione delle lingue, sia mantenendo viva l’attenzione, l’amore e le emozioni verso la lingua di Dante. Su tale terreno, la collaborazione con l’Italia, tramite accordi bilaterali, e l’Ambasciata d’Italia a Berna è intensa e si esprime, ad esempio, con la partecipazione-collaborazione a pieno titolo alla “Settimana della lingua italiana nel mondo” organizzata ogni anno dalla rete diplomatico-consolare e dagli Istituti Italiani di Cultura assieme a vari partner (la prossima edizione, la XXIII, avrà come tema “L’italiano e la sostenibiità”). Anche il Dantedì 2021, celebrato in tutta la Svizzera per il settecentenario della morte del Sommo Poeta, ha avuto un grande successo di partecipazione e mediatico, grazie all’impegno alto messo in campo dal Cantone Ticino.
Ma spesso l’apparenza inganna, è proprio il caso di ricordarlo. La Svizzera si è dotata di una legge sulle lingue, ha una radiotelevisione di lingua italiana diffusa in tutto il paese, l’italiano è lingua nazionale, ecc. ma, nonostante ciò, spesso l’italiano è dimenticato nell’amministrazione federale, fra gli enti parastatali, nelle scuole di alcuni cantoni e così via. Anche in campo sportivo, come è accaduto in occasione della partita di calcio tra la Svizzera e la Georgia (2019), in cui tutti gli annunci ufficiali furono dati in lingua tedesca, francese e inglese: un esempio di insensibilità e di poco rispetto verso i tantissimi sostenitori della “nazionale svizzera” di lingua italiana, che dette sfogo all’indignazione anche da parte di varie associazioni italiane operanti nella Svizzera tedesca. È anche noto che la lingua italiana è prevalente a Nord delle Alpi – dove risiede una comunità di oltre 600 mila italiani e una consistente comunità italofona – e non in Ticino e nel Grigioni italiano. Conseguentemente, l’attenzione del Forum per la promozione e difesa dell’italiano si è spostata sul resto della Svizzera in termini di vigilanza e intervento nelle situazioni anomali, come per l’offerta inadeguata dell’italiano nella scuola obbligatoria nei Cantoni di lingua tedesca o francese, ricorrendo in particolare alla Conferenza svizzera dei direttori della pubblica educazione.
Fortunatamente! Infatti, fuori dai territori di appartenenza (Ticino e Grigioni) negli ultimi anni sono state prese tante decisioni scoraggianti per la lingua italiana: chiusure o ridimensionamento di cattedre universitarie, declassamento nei licei, offerta incompleta nella scuola dell’obbligo, assenza quasi totale dell’italiano nelle scuole di formazione professionale. Proprio di recente, grazie anche all’Ambasciata d’Italia a Berna, è stato scongiurato il declassamento della cattedra d’italianistica all’Università di Basilea, un riferimento tra i più prestigiosi assieme a quella di Zurigo, che ha avuto eco anche nel Parlamento svizzero su iniziativa della deputazione ticinese.
A fronte dei marcati cambiamenti socio-linguistici e del ruolo crescente dell’inglese, è fondamentale che l’italiano venga insegnato anche nella scuola primaria e secondaria, in modo da garantire un ampio accesso alla formazione linguistica e culturale; necessità che deve essere letta anche in chiave di coesione nazionale svizzera, che presuppone la valorizzazione di tutte le lingue nazionali. Avrei voluto rimarcare anche l’impegno storico della comunità italiana emigrata a difesa e valorizzazione della propria identità linguistica e culturale, sia a livello di comunicazione in famiglia che con l’istituzione di scuole italiane, perché come sosteneva Francesco Alberoni “un popolo che rinuncia alla sua lingua perde anche l’anima”. Ci sarà di sicuro un’altra occasione. Franco Narducci, di Santa Maria del Molise, risiede in Svizzera dal 1970. Eletto nel Parlamento italiano nella XV e XVI Legislatura per la ripartizione estero (Europa), è stato anche Vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati.
Franco Narducci, Wohlen