ph Luigi Tomassone
Un santuario in ricordo delle vittime sul lavoro. È questa l’intitolazione che verrà attribuita alla chiesa dedicata a Santa Maria di Costantinopoli di Pietracatella alla fine di luglio. Un luogo sacro al quale il popolo della comunità è fortemente legato. La festa in onore della Vergine, conosciuta come festa della “Madonna della ricotta”, cade il martedì successivo alla domenica di Pentecoste e tutto il paese partecipa in maniera attiva all’evento. La scelta di questo giorno risalirebbe al fatto che, come ricorda questa particolare iconografia mariana, la città di Costantinopoli avrebbe vinto proprio quel martedì una battaglia contro un attacco nemico che avrebbe assediato la città.
A Pietracatella, studi recenti hanno dimostrato che, con ogni probabilità, la nascita del più antico luogo di culto alla Vergine di Costantinopoli, sia da mettere in relazione con la cosiddetta «battaglia di Pietracatella» avvenuta il 5 aprile del 1383, durante le lotte dinastiche in atto tra gli Angioini e i Durazzeschi per la conquista del Regno di Napoli. La cappella fu eretta, dalla fazione angioina, quale ex voto, per la vittoria riportata nello scontro. In passato, invece, si è supposto che la devozione a Maria fosse stata trapiantata in paese da Montevergine, santuario vicino al Molise, e poi da Benevento, della cui diocesi Pietracatella ha fatto parte fino al 1983.
Nella cittadina fortorina è attiva la Confraternita di “Santa Maria di Costantinopoli”, costituita nel 1754 dai Padri Vincenziani e che conta oggi oltre 600 iscritti. Essa venne fondata come associazione di mutuo soccorso, per sostenere le famiglie più povere, come mi ha raccontato il priore, Luigi Tomassone. In occasione della partecipazione a eventi importanti, gli iscritti indossano una mantellina di colore celeste con la scritta A. M. Lo statuto della confraternita stabiliva altresì che i confratelli, in passato, “avevano il funerale pagato”. Questo per assicurare una dignitosa sepoltura anche a chi non poteva permettersi di pagare le onoranze funebri. Sia don Stefano Fracassi, parroco del paese, che il Priore, mi hanno anche raccontato che la Confraternita, sin dal Settecento, possiede dei terreni che, un tempo, concedeva in uso agli allevatori locali per far pascolare le greggi. Il latte ricavato veniva lavorato da mani esperte e il formaggio veniva distribuito per raccogliere offerte per la festa. La ricotta veniva donata alle famiglie meno abbienti. Questa tradizione va ormai avanti da decenni. Da qui l’appellativo caro ai forestieri di “Madonna della ricotta”.
La chiesa
La chiesa della Madonna di Costantinopoli rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura ottocentesca del Molise, sia per dimensioni che per l’armonia delle forme, come riferitomi da Michele Pasquale, nativo di Pietracatella, esperto e cultore della storia artistica e religiosa della cittadina. Egli ha curato diverse pubblicazioni sul paese, compresa quella sulla chiesa, sul culto e la devozione alla Vergine di Costantinopoli.
La pianta è, come in molte basiliche, suddivisa in tre navate.
Quella centrale termina con un’abside poligonale, al cui centro c’è la nicchia che custodisce la statua della Vergine Maria. Le navate laterali presentano sei altari, tre per lato. Su quella di sinistra, è possibile ammirare gli altari di Santa Filomena, di san Rocco, di Sant’Antonio con la tela a olio ad opera di Giuseppe Chiarolanza e l’immagine della Madonna del Rosario di Pompei. Sul lato destro, il primo altare ospita la statua lignea della Madonna Incoronata di Foggia, il secondo la statua di santa Lucia, poi un’altra tela del Chiarolanza, raffigurante la Madonna del Carmine, infine un quadro di santa Rita.
Di rilievo i finestroni della facciata arricchiti da splendide vetrate artistiche donate da uno dei priori in occasione del Giubileo del 2000.
La statua
L’attuale statua lignea della Madonna di Costantinopoli risale al 1695 e fu realizzata da Giacomo Colombo. L’artista, nato a Este (PD) nel 1663, è uno degli scultori più importanti del panorama artistico napoletano tra la fine del Seicento e il secolo successivo, come definito da Dante Gentile Lorusso. Egli ha prodotto molte pregevoli opere in Molise. Nella sua bottega operò anche Paolo Saverio Di Zinno, ideatore dei “Misteri” di Campobasso.
Questa statua sostituisce un’altra altrettanto pregiata, che era custodita nell’originaria cappella, situata in località Pozzo Reo.
Un’opera lignea policroma, risalente alla fine del Trecento, di produzione napoletana, ora conservata in collezione privata a Torino.
La statua attuale è stata successivamente restaurata, nel 1870, dallo scultore Michele Falcucci di Atessa. Il volto della Vergine, dall’espressività materna, con la sinistra sorregge il Bambino Gesù, rappresentato anch’egli con un viso giocoso che regge il globo crucigero, simbolo della sovranità di Dio. Da notare le vesti della Madonna: un sontuoso manto blu cobalto, uno scialle colorato intorno al collo e il raffinato tessuto che avvolge il Bambino.
Il tragico evento
La devozione dei pietracatellesi nei confronti della Madonna di Costantinopoli è tale che Ella è stata eletta a protettrice del paese, il cui patrono è san Donato d’Arezzo, vescovo e martire.
La chiesa a Lei dedicata è stata teatro, il 28 luglio del 2015, di un tragico evento che ha sconvolto l’intera comunità. Mentre erano in corso lavori di ristrutturazione alle volte, tre operai sono precipitati da un’altezza di 10 metri. Giuseppe Mancino è deceduto, aveva 53 anni; Bartolomeo Moffa ha riportato delle fratture al bacino e Antonio Di Iorio ha perso l’uso delle gambe.
Questo avvenimento ha spinto il parroco don Stefano e il popolo a chiedere a mons. Bregantini un gesto concreto di “riscatto” per questi lavoratori. È stato deciso così di elevare la chiesa a “Santuario diocesano di preghiera per le vittime del lavoro”. La prima domenica di ogni mese in paese si celebra una messa in suffragio dei defunti.
Don Stefano, dal suo insediamento, ha stabilito che in quel giorno vengano ricordate anche le vittime del lavoro.
ph Luigi Tomassone
Conclusioni
La scelta di intitolare la chiesa dedicata alla Madonna di Costantinopoli come santuario diocesano per i caduti sul lavoro è una iniziativa densa di significato, che terrà vivo il ricordo dei lavoratori coinvolti negli infortuni.
È però opportuno fare una considerazione: una società che si rispetti e che si fregia dell’appellativo “civile” non dovrebbe avere la necessità di dedicare chiese e santuari ai lavoratori morti.
É indispensabile porre in essere tutte quelle pratiche che contrastino il fenomeno delle “morti bianche” perché il lavoro torni ad essere strumento di affermazione della propria dignità, strumento di vita e non causa di morte.
Mariarosaria Di Renzo