VERSO IL VOTO EUROPEO

LUCI E OMBRE DI UN’ EUROPA CHE NON “DECOLLA”

La costruzione dell’Europa Unita cominciò con nobili intenti ideali, e nacque dal pensiero e l’azione di due uomini profondamente morali ed anche molto credenti: il francese Robert Schuman (con radici tedesche per la controversa storia della sua terra natale, la Lorena) ed il tedesco Konrad Adenauer.

Il primo accordo voluto dai due sembrò ufficialmente economico: si trattò di mettere in comune il carbone e l’acciaio, ossia le due materie prime per le quali due guerre mondiali erano scoppiate. Il fattore economico, dunque, era prettamente succedaneo: la volontà che lo animava s’incentrava sul desiderio di sradicare le cause di due guerre mondiali, tra i due Paesi che erano stati – per la loro lunga inimicizia – i primi autori delle stesse. L’estensione dell’accordo all’Italia e al Benelux portò alla firma del trattato del Mercato Comune, a Roma, nel 1957.

Come sempre accade nella Storia, i motivi ideali dell’impresa furono apparentemente accolti da tutti. Ma è ovvio che, tra i grandi operatori industriali e finanziari, l’aspetto collaterale, quello economico, andò subito in primo piano e ciò che destò i massimi appetiti e i massimi coinvolgimenti fu la possibilità di creare un mercato che mettesse a disposizione delle imprese e delle banche di tutti i Paesi aderenti, un numero di acquirenti potenziali molto superiore a quello delle singole nazioni. L’esempio era il grande mercato statunitense, grazie al quale gli USA avevano vinto la guerra, per le loro enormi possibilità di spesa.

Quest’aspetto materiale e concreto ha inevitabilmente portato – nel processo di progressiva formazione – ad una serie di opportunismi, sempre ipocritamente sbandierati come desideri di fraternità, che però celavano – anche malamente – dei bassi desideri di guadagno e persino delle occulte avversioni di certi Paesi membri contro altri, o meglio di certe lobby, anche internazionali, tese persino a ritardare i processi di vera integrazione, a patto che quei ritardi favorissero certe convenienze. Che la Francia, ad esempio, abbia lanciato azioni, anche belliche, che hanno danneggiato gli interessi italiani in Africa, non è negabile. Che dopo la caduta della Prima Repubblica, a seguito di Tangentopoli, il patrimonio produttivo italiano sia stato svenduto ad acquirenti stranieri, è ben noto agli addetti ai lavori; e Bettino Craxi lo aveva ben profetizzato, come lucidamente aveva visto le operazioni del grande finanziere americano Soros contro la Lira, i cui effetti – molto remunerativi per la sua lobby e i suoi alleati europei, e molto dannosi per l’Italia – sono ben stati descritti da un vecchio “lupo politico” come Cirino Pomicino.

Molti eminenti intellettuali e politologi hanno iniziato, negli anni, a storcere il naso, a parlare di “Europa delle banche”. E quando uomini di altro genere, come Aldo Moro, parlavano con convinzione di volere un’Europa dei popoli, altri – più smaliziati – ne ridevano e persino approntavano la rovina degli idealisti irenici, proprio perché l’Europa dei popoli non serviva a certi interessi. Si sa, ad esempio, che in certi ambienti inglesi e americani  la figura di Aldo Moro fu percepita con crescente fastidio, proprio per quello spirito ecumenico che lo portò a fidarsi dell’avvenuta democratizzazione dei comunisti italiani e a favorire un loro graduale ingresso nell’’area di governo, insieme alle masse che per essi votavano.

Bisogna aggiungere che nei decenni successivi al ’45, sul suolo europeo (ed italiano in specie) si è combattuta la guerra dei due blocchi e dei due modelli: quello liberalcapitalista americano e quello collettivista sovietico. E questo ha creato una piramide sommersa di misteri, che hanno portato alla formazione di gruppi terroristici europei, i cui poteri finanziari e organizzativi non sono mai stati realmente e interamente spiegati: l’IRA in Irlanda, l’ETA in Spagna, le Brigate Rosse e i NAR in Italia, con tutto il corollario di attentati politici, e persino stragi, su cui qualche luce svela sufficientemente il coinvolgimento dei servizi segreti, sia della Nato sia del Komintern, mentre i terroristi veri appaiono come marionette, persino ingannate e tradite, nelle mani di menti ben più articolate e capaci di piani vasti. (1)

Gli intrecci – in questa zona d’ombra – possono essere persino più contorti e contraddittori, poiché, ad esempio, è evidente che la Nato, capeggiata ed egemonizzata dagli USA, aveva buone ragioni di proteggere i Paesi affiliati e, contemporaneamente, interpretare il timore che gli stessi USA nutrivano nel vedere il formarsi di un mercato europeo, volto a divenire più largo e potente di quello loro, e a rivolgere i proprio acquisti liberamente verso gli Stati asiatici emergenti e verso la stessa Russia, liberatasi dalla dittatura comunista. E qui sarebbe bene il caso di esaminare più a fondo le ragioni recondite dell’attuale guerra di Ucraina, che ha causato l’interruzione di ottimi rapporti commerciali con la Russia da parte dell’Italia e della Germania innanzitutto.

Ma – lasciando le zone d’ombra più inquietanti – giungiamo all’oggi in cui si sta per votare il rinnovo del Parlamento Europeo, in un clima di rinnovata atmosfera bellica e di disordini economici e sociali difficili da gestire.

Che la fiducia nell’Europa si sia affievolita nella gente, è palese quanto lo è la globale delusione verso la democrazia parlamentare, manifesta nelle masse crescenti che si rifiutano di votare. Come superare questa sfiducia? Da una parte c’è chi vorrebbe allentare la pressione dell’Europa sui Paesi membri (i cosiddetti sovranisti); dall’altra c’è chi invece propone un’affrettata integrazione e si presenta alle elezioni con sigle che la promettono espressamente, tipo “Stati Uniti d’Europa”. Come spesso accade, probabilmente il giusto mezzo sarebbe la soluzione migliore.

Sia subito azzittito chi crede che si possa fare dell’Europa il corrispettivo degli Stati Uniti d’America, che nacquero in un tempo e in una società politicamente ed economicamente molto più semplice della nostra e che – per giunta – erano già unificati da un’unica lingua e da identità culturali debolissime, per la larghissima presenza di analfabeti.

Si dovrebbe comunque ripensare al processo con cui l’Europa ha tracciato la sua presente identità.

Per l’Europa degli interessi si è voluto – ad esempio – allargare la partecipazione all’Unione, frettolosamente, a troppi Paesi, ben prima che una vera coscienza europea si affermasse nei cittadini, e questo ha creato degli squilibri persino in Paesi fondatori come l’Italia.

Si aggiunga che la volontà di uniformità – anziché creare avvicinamento tra gli Stati membri – ha finito per rappresentare un’omogeneizzazione forzata falsificante. Esempio tipico, quando 40 anni fa si decise di uniformare i sistemi istruttivi, si portarono Paesi come la Spagna, l’Italia e la Grecia a riaprire le scuole in pieno settembre, come si usava in Belgio, in Olanda, in Danimarca… Ma chi scrive ha vissuto in Belgio, e sa che a settembre colà si porta già il cappotto. Da noi invece, settembre era un mese turistico che apportava all’economia balneare fior di quattrini, con le famiglie meno abbienti che aspettavano la bassa stagione, quando i loro figli riprendevano la scuola il primo d’ ottobre, e che oggi, invece, ci devono rinunciare.

Insomma, la ricerca di un’uguaglianza troppo matematica crea quella tendenza per la quale si scelgono soprabiti di “lunghezza media” per tutti i soldati; dopo ciò alcuni li indossano come fossero minigonne mentre altri ci scopano il pavimento.

In questo momento potremmo dire che la situazione europea è ancora quella di una confederazione. Andare verso un maggiore potere centrale potrebbe trasformarla in una federazione, con un governo legittimamente sovrano, atto ad esprimere delle disposizioni che abbiano forza di legge in tutti i Pesi membri. Ma… attenti alle parole, che possono anche confondere e ingannare. Gli USA sono una federazione, ma i singoli stati hanno spazi di autonomia tali che possono distinguersi persino su questioni di somma importanza, quali il diritto penale: tanto che in certi stati c’è la pena di morte e in altri no; una differenziazione che per noi Europei sarebbe impensabile. La Germania pure è una federazione, ma è sempre stata governata con un verticalismo centralista tale da far quasi svaporare le autonomie dei singoli Lander. Per cui, si potrebbe dire che una confederazione all’Europea potrebbe essere più “stretta” di una federazione all’americana, per certi comparti.

E’ importante che si decida sin da ora in quali settori è conveniente e necessario che i singoli stati membri si differenzino. Una costituzione europea seriamente meditata dovrebbe ancora essere varata, poiché le carte che sin qui si sono stese peccano proprio delle viziature che abbiamo accennato.

E – a proposito di costituzioni europee – sia ribadito per bene che non possono essere prive di radici; non possono essere intese come freddi contratti senz’anima. Per cui, ha molte ragioni chi lamenta la costante tendenza dei vertici europei ad eradicare da quelle Carte le radici cristiane dei popoli europei.

Il guaio è che, dal ’68 in poi, ha preso piede un’ implicita convinzione che tutto ciò che è tradizionale è “ipocrisia” e superflua sovrastruttura. Di conseguenza, gli uomini e le donne che arrivano a cariche politiche sentono il dovere di accantonare qualunque accenno di fede metafisica; dando per scontato che può essere preso sul serio soltanto chi si mostra convinto che il Mondo non sia altro che un’accozzaglia di materia sparata nello spazio a caso, senza alcun senso né alcuno scopo o alcun ordine.

Questa convinzione è quasi neo-illuminista, e come tale è piena di astrazioni campate in aria e prive di ogni autentico sostegno scientifico.

Ciò proprio mentre la scienza più avanzata sembra incline a confermare tutte le intuizioni primigenie delle antiche filosofie spiritualiste e persino delle Religioni. (2)

Così, mentre ancora echeggia il detto del laico Benedetto Croce (“Non possiamo non dirci cristiani”) nelle istituzioni europee si fa a gara a fingere che il Cristianesimo sia null’altro che un mero incidente nella vita privata di qualcuno, e in tutte le manifestazioni “culturali” (a cominciare da quelle musicali) sembra un obbligo mettere in luce e premiare sempre ciò che contrasta con la dottrina cristiana.

Del resto, le stesse varie Chiese cristiane d’Europa sembrano essersi quasi intimorite di esistere, e – quando si presentano sul proscenio – sembrano scusarsi di averlo fatto. Il capo della Chiesa svedese è una papessa dichiaratamente lesbica, con tanto di “compagna” che l’accompagna in tutte le cerimonie. Qui da noi si sente dire spesso che il senso del sacro è scomparso. Ma chi dovrebbe impedire che il lumino si spenga? Forse quei sacerdoti e quelle monache che vanno letteralmente a fare gli scemi in trasmissioni di canti e di balli, dopo le quali regolarmente lasciano l’abito (ma l’antica regola del “tenersi lontani dalle tentazioni” non vale più?). I vertici stessi vanno a farsi intervistare in televisione come cantanti qualunque, per giunta da conduttori notoriamente faziosi. Dell’Aldilà non si parla più: si è voluta trasformare la Chiesa cattolica in una qualsiasi associazione filantropica, neppure tra le più efficienti, quasi che il compito della Religione non sia quello di riportare l’Uomo nel seno di Dio (re-ligio vuol dire proprio questo), ma piuttosto quello – impossibile – di eliminare dolore e morte da questo mondo. Se non che la speranza di realizzare “la felicità in questo mondo” è stata sempre tipica delle dottrine laiciste ed atee, dall’illuminismo massonico al marxismo. La Fede – invece – ha sempre spiegato agli uomini che la “vita” non è soltanto questa che viviamo quaggiù (che appare quasi l’allenamento e l’introduzione alla Vita vera). Non solo: se Dio – onnipotente – non elimina il dolore dalla Terra, ciò vuol dire che esso è un ingrediente indispensabile di questa dimensione di “prova”; e la carità verso chi soffre serve a chi la compie per elevarsi verso il Padre mediante l’Amare, più che a chi la riceve, e ne trae un sollievo sempre temporaneo. Questa “terrenizzazione” della Fede avviene proprio mentre un matematico e fisico come Pickover scrive che – nelle molte dimensioni che ormai si calcolano nell’Universo – “nulla ci vieta di credere che possano esistere esseri simili agli angeli e ai dèmoni della tradizione biblica.” (3)

In verità, l’odio verso l’Occidente che nutrono certi gruppi fondamentalisti islamici, non dipende – come superficialmente si crederebbe – dal fatto che l’Occidente è cristiano: essi dicono che la nostra società non ha più “alcuna regola dettata da Dio”, che è diventata “la società che piace a Satana”.

Eppure di sacro c’è una gran voglia. Lo dimostra la crescita sicura d’interessi verso scritti e ed atti che promettono di insegnare agli uomini a “prendere contatto con Dio”.(4) Il moltiplicarsi delle scuole di Yoga, e di altre organizzazioni afferenti ad altre religioni, e persino il triste fenomeno delle sette fondate da truffatori e millantatori, dimostra una sete di spirito che – a quanto pare – la Chiesa non riesce più ad incanalare. Disse Yogananda (5) che se nelle chiese s’insegnassero i metodi di concentrazione e meditazione, atti a fare della preghiera un vero dialogo col Signore, le chiese sarebbero sempre piene fino all’orlo. Non si tratta di cedere ad altre fedi: una specie di concentrazione yoga io la appresi in India dai Gesuiti che mi ospitavano, nel lontano ’77. E nel ’80, un’altra me la insegnarono i Frati Minori di Assisi, durante un corso di esegesi biblica.

Forse certe strade si possono ancora praticare. Perciò non abbiamo il diritto di arrenderci.

Note

1) Si leggano i lavori della Commissione d’Inchiesta sul caso Moro, capeggiata dall’On. Gero Grassi, parlamentare del PD, e si visioni un’opera cinematografica come “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana, così strettamente documentata da avere la valenza di un documentario d’informazione, più che quella di un film da diporto.

2) Così si esprime il grande fisico e astronomo inglese Fred Hoyle: “Credere che la prima cellula si sia formata per caso, è come credere che un tornado infuriato in un’officina di sfasciacarrozze abbia messo insieme un aereo funzionante!”. E Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica: “La natura è costruita in maniera tale che non c’è dubbio che non possa esser costruita così per un caso. Più uno studia i fenomeni della natura, più si convince profondamente di ciò. Esistono delle leggi naturali di una profondità e di una bellezza incredibili. Non si può pensare che tutto ciò si riduca ad un accumulo di molecole. (…). Più ci guardi dentro, più capisci che non ha a che fare col caso.” (Carlo Rubbia, La tentazione del credere, 1987).

3) Clifford Pickover, matematico e fisico statunitense, si è dedicato a divulgare le più difficili conclusioni della Fisica Quantistica e dell’astrofisica più recente, in scritti più facili possibile e non privi di un certo umorismo. Il concetto che citiamo si trova in Surfing Through Hyperspace, 1999,e si basa sulla struttura logica delle “antinomie” di Kant; la traduzione è nostra.

4)Cfr. Gregg Braden: “La scienza perduta della preghiera”, ed. Macro, 2006.

5) Yogananda è il nome da consacrato di Mukunda Gosh. Migrò ancor giovane negli Stati Uniti, dove divenne un apprezzato conferenziere. Animato da un forte spirito ecumenico, s’innamorò del Cristo, sui cui vangeli scrisse pure delle profonde riflessioni. Il concetto citato è tratto dalla prima raccolta delle sue conferenze, intitolata in Italiano “L’eterna ricerca dell’uomo” (Astrolabio, 1980).

Sergio Sammartino