Copia sindonica di Ripalimosani In alto a destra il ricercatore e storico Gianni Manusacchio
Un fascino intatto, oltre a tanti interrogativi, sono quelli che continua a suscitare la Sacra Sindone. Nondimeno la copia custodita a Ripalimosani e per la quale, da due anni, si organizza una festa nei primi giorni di maggio. Questa data è stata scelta per celebrare il 7 maggio 1899, giorno in cui il sacro Lino venne esposto per la prima volta alla venerazione dei fedeli in forma solenne, dall’allora arciprete don Nicola Minadeo.
Nel mondo esistono diverse copie della Sindone. Quella di Ripalimosani è una delle più interessanti e tra le più antiche. Il prof Gianni Manusacchio, scrittore e studioso delle copie sindoniche, ha condotto un approfondimento sul tema lo scorso 5 maggio, nel convento di San Pietro Celestino V a Ripalimosani, in cui ha tracciato un profilo storico dell’arrivo della Sindone nel piccolo paese molisano. Il suo interessante intervento è stato intervallato da musiche eseguite da Max D’Alessandro e Antonio Serafini e letture di Mirco Petti, tutti artisti ripesi.
La festa si è aperta sabato 4 maggio con i saluti, da remoto, della prof.ssa Emanuela Marinelli, profonda conoscitrice della Sindone, sulla quale ha scritto e curato molti testi. Vi è poi stato un altro collegamento con l’avvocato Fabrizio Nucera Giampaolo, storico della Sindone. I due illustri studiosi avevano partecipato all’evento del 2023, relazionando sul sacro Lino, sia dal punto di vista scientifico che storico. Successivamente don Moreno Ientilucci, parroco di Ripalimosani, ha inaugurato la mostra sulla Sacra Sindone di Torino, donata dalla fondazione Carlo Acutis. Essa consta di 20 pannelli esplicativi, curati dalla dott.ssa Marinelli, in cui sono raccolte tutte le informazioni di carattere storico, scientifico e religioso sulla reliquia, conosciuta e venerata in tutto il mondo. Questo prezioso dono, che arricchisce il patrimonio artistico di Ripalimosani, verrà conservato nella chiesa Madre, insieme alla copia sindonica, quando, e ci si augura al più presto, il luogo verrà riaperto al culto. La signora Adriana Acutis, zia di Carlo e vice presidente della fondazione, ha donato anche una copia del dipinto in cui è raffigurato il Cristo Misericordioso, la cui cornice è stata realizzata dalle sapienti mani del restauratore Antonio Perrone. Il prezioso quadro, che ha rappresentato l’altare della Reposizione, viene direttamente dalla Lituania e porta il timbro dell’arcidiocesi di Vilnius, dove è custodito il dipinto originale, realizzato sotto la supervisione di Suor Faustina Kowalska.
Gianni Manusacchio, come sopra anticipato, ha ripercorso i momenti storici attraverso i quali il sacro telo sarebbe giunto a Ripalimosani. Sul finire del ‘500 re Carlo Emanuele I di Savoia chiese una copia della Sindone per donarla al suocero Filippo II di Spagna. Tra le due casate intercorrevano buoni rapporti. L’incaricato della consegna dell’opera fu l’arcivescovo di Bari mons Giulio Cesare Riccardo, nunzio apostolico di papa Clemente VIII, che la consegnò personalmente al sovrano di Spagna. Da allora, tra i due nacque una rispettabile amicizia, tanto che, prima della morte del presule, il sovrano gli fece dono della reliquia. Successivamente il telo passò al fratello vescovo Alessandro e, da questi, al nipote Girolamo Riccardo, signore di Ripalimosani. Egli conservò gelosamente il telo in un baule e in un luogo segreto del palazzo marchesale del piccolo comune. Estintasi la famiglia Riccardo, il sacro Lino passò ai Castrocucco, poi al signore Nicola Mormile il quale, nel 1807, lo consegnò alla chiesa collegiata di Ripalimosani. La cassetta rimane chiusa per circa un secolo nell’archivio parrocchiale, finchè intervenne don Nicola Minadeo che, come scritto, la presentò ai fedeli nel 1899. Le preziose informazioni sono state ottenute dalle ricerche di mons Giovanni Lanza, cappellano maggiore di Sua Maestà a cui l’arcivescovo di Ripalimosani si rivolse nel 1898.
Il telo molisano è stato realizzato da un pittore anonimo ed è composto da quattro pezzi di tela cuciti a mano, ha una dimensione di 386 cm di lunghezza e 79 cm di altezza. Si caratterizza per la lunghissima scritta. Questa peculiarità rende unica la reliquia, che è tale perché è stata posta a contatto con la Sindone originale e perché essa funge da spartiacque tra due periodi. Un primo in cui si trovavano copie prive di segni antiestetici.
Dopo la realizzazione di quella di Ripalimosani, comparvero tele con la corona di spine, con i segni della flagellazione, con le finte toppe dell’incendio di Chambery e, per la prima volta, con un perizoma che copre le nudità dell’uomo sindonico.
Il professore Manusacchio sta preparando un testo sulla Sindone di Ripalimosani che spera di presentare al pubblico il prossimo anno, in occasione della terza festa della Sindone. Nel suo intervento lo studioso ha ribadito che in tanti hanno scritto su questo affascinante ma misterioso telo. In particolare scienziati laici, credenti e atei. Il testo della prof.ssa Marinelli chiarisce diversi interrogativi perché, come affermato dal card Enrico Feroci nella prefazione, il testo illustra come l’esame medico-legale del corpo impresso sul tessuto permette la ricostruzione delle ultime ore di vita di un uomo crocifisso, che patì i tormenti descritti nei Vangeli. Ci si chiede altresì se l’uomo avvolto sia stato effettivamente Gesù Cristo. A questo quesito risponde il professor Bruno Barberis, docente di Fisica matematica all’università di Torino. Il matematico ha trovato, nei suoi studi statistici, sette caratteristiche comuni all’uomo della Sindone e a Gesù: l’avvolgimento di un cadavere in un lenzuolo; le ferite al capo prodotte da un casco di spine; il trasporto del patibulum, il braccio orizzontale della croce; la crocifissione con chiodi; la ferita al costato inferta a morte già avvenuta; la sepoltura frettolosa; la breve permanenza del cadavere nel lenzuolo. (Cfr E. Marinelli, D. Repice “Via Sindonis”, Ed. Ares, 2022, pagg. 209-211).
Alla cerimonia erano presenti anche tre rappresentanti dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, di cui don Moreno è anche componente. Precisamente il cav. Paolo Zaccaro, delegato di Campobasso, il cav. di Gran Croce Carmine De Camillis, ex preside della sezione Abruzzo Molise e la dama Teresa Mascione, segretaria della delegazione di Campobasso. Questo ordine esiste dal XIV secolo ed è l’unica istituzione laicale con personalità giuridica vaticana. All’Ordine è affidato il compito di sopperire alle necessità del Patriarcato Latino di Gerusalemme e di esperire tutte le attività e iniziative a sostegno della presenza cristiana in Terra Santa.
Le venti tavole donate al Comitato riapertura Chiesa Madre di Ripalimosani, non solo costituiscono un prezioso documento che chiarisce tanti dubbi e perplessità agli appassionati della storia della Sindone, ma daranno lustro e visibilità a una delle piccole comunità molisane, dove è custodita una delle reliquie più interessanti, ambite e misteriose al mondo.
Mariarosaria Di Renzo