Gesù nell’orto del Getsemani Vittore Carpaccio
In quest’anno della Preghiera continuando ad analizzare i libretti della Collana Appunti sulla Preghiera, a scuola di preghiera, sostiamo sulla «Preghiera di Gesù» del messicano Juan Lopez Vergara. Da biblista attraverso rispettivi brani evangelici accompagna “i suoi studenti”, passo dopo passo, durante l’intero cammino pubblico di Gesù ad entrare ed immedesimarsi in quella che definisce la sua essenza più intima: rimanere in preghiera cuore a cuore con il Suo Papà che in lingua materna aramaica chiama Abba.
In ogni capitoletto vi si trova un riferimento evangelico commentato in maniera originale e una breve spiegazione di Vergara a cui fa seguito un’altra prolungata, molto coinvolgente, ideata per Gesù stesso sotto forma di preghiera. Così procedendo, nella sua esegesi permette al “lettore allievo”, purché sia disposto ed impegnato a trarne il massimo profitto, “di entrare” anche emotivamente nelle modalità della preghiera di Gesù.
I capitoletti del libretto divengono soprattutto 19 preghiere di Gesù: le intime e continue elevazioni del Suo Cuore filiale al Suo Abbà in comunione perfetta fino a sentirsi uomo-Dio «una cosa sola con il Padre (Gv 10, 30)», a rischio di lapidazione da parte di un gruppo di compaesani scandalizzati.
Esemplificativa di tutte le altre, la prima preghiera.
Presenta Gesù Nazareno quando, dopo i trent’anni della vita nascosta in un oscuro villaggio della Galilea, ricevendo il battesimo nel Giordano da Giovanni viene dichiarato solennemente e prodigiosamente Figlio di Dio dalla voce stessa del Padre Celeste, accompagnato dallo Spirito in Forma di Colomba: «Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento. Commenta Vergara: Questa esperienza unica della paternità di Dio segnerà per sempre Gesù trasformando tutta la sua vita colmata dall’unzione della bontà dello Spirito.
Più articolata la preghiera ideata per Gesù: Abbà, ogni giorno mi incontro con te nella preghiera, dove respiro speranza. Oggi mi hai fatto vivere un momento culminante del mio cammino; lo Spirito mi ha fatto interiorizzare la mia unica e sublime consapevolezza di figliolanza e la mia missione: essere testimone della tua paternità e condividere ciò che mi insegnerai. La tua bontà, Abbà, mi ha offuscato gli occhi! E dal profondo del mio essere ti benedico per questo!
Consacrato dallo Spirito divino, Gesù inizia una nuova fase orante della sua vita: quella messianica. Mentre ringrazia Abbà per essere cresciuto in un clima di profonda preghiera familiare con il padre putativo Giuseppe (uomo di immensa fede con la gloria degli umili) e la madre Maria (che ama perché la sua vita è stata un Così sia), per l’annuncio e l’inizio dell’era evangelica a lui affidata sente maggiormente il bisogno di stare con Abbà nella preghiera: di vedere le cose nella sua luce. Perciò, annota Vergara, di solito rimane in preghiera dalla mezzanotte all’alba. E quando uno dei discepoli, estasiato nel vederlo pregare, gli chiede di insegnare loro a pregare, cos’altro poteva insegnare se non il Padre Nostro? Rivolto al Padre così prega: La prima cosa è stata insegnare loro a chiamarti Abbà per esprimere la loro condizione di figli e, naturalmente, di fratelli.
Non riassume il Padre Nostro tutte le aspirazioni e tutti i desideri di compimento umano?
Tutte e tutti: sia santificata la Paternità del Tuo Nome affinché venga il tuo Regno che ci assicura il pane, la pace, anche con i nemici, il perdono dei peccati e la difesa dalle insidie del nemico. Quale più infallibile garanzia di riuscita umana e cristiana! Perciò Gesù prega: Abbà ho insegnato loro che chi prega spera nella tua bontà e nella tua potenza che sono al di là delle loro possibilità. Abbà la preghiera è la speranza in atto perché la terra diventi cielo. La scuola di preghiera genera e cresce in “scuola di speranza” (la parola più adoperata dopo quella di Abbà).
Gesù insegna ai suoi apostoli, e attraverso la loro testimonianza a noi oggi, come nella preghiera del padre del giovane tormentato dallo spirito muto guarito da Gesù e non dagli apostoli, che senza la preghiera fiduciosa ed umile è impossibile vincere il potere del male (Mc 9,14-29): in profonda fiduciosa preghiera tu Abbà mi ascolti sempre.
Questa vera ed unica preghiera, però, non si improvvisa.
Esige un difficile cammino, radicale faticoso ed audace: se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9, 23) o chi ama padre, madre, figlio o figlia più di me non è degno di me (Mt 10, 37). Un cammino che fa crescere ad ogni tappa, rassicura Gesù, e rimette sempre in cammino: per esperienza so che dietro ogni notte c’è un’alba sorridente.
Come quando gli accade nella sinagoga del suo paese a Nazareth dove tutti ascoltando la sua affermazione che nessuno è profeta in patria (dopo aver annunziato la Buona Novella col rotolo di Isaia), lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù: ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (Lc 4,16-30).
Gesù nella preghiera vive fine in fondo la sua umanità. Nel Getsemani raccolto in preghiera, prima di essere consegnato ai suoi malfattori e crocifissori, cade e ricade a terra paralizzato dalla paura e abbandonato dai discepoli che dormono e chiede ad Abbà di allontanare da lui quel calice. Eppure si abbandona alla Sua Volontà e continua a confidare in Lui.
Anche sulla Croce inchiodato e abbandonato da tutti i discepoli, trafitto fin nel cuore, Vergara gli fa elevare la preghiera al Suo Abbà: Abbà anche sulla croce nel dolore angoscioso che mi fa sentire abbandonato, una pace accarezza la mia anima sapendo che sono nelle tue mani e che mi ascolti quando ti invoco perché la morte non è altro che il passaggio verso la pienezza della vita. Il nostro mondo crede ancora nell’Amore infinito ed eterno del Padre Celeste, nel Suo Regno proclamato e testimoniato dal Figlio, lo invoca?
La nostra contemporaneità secolarizzata perdendo spesso la consapevolezza e la pratica cristiana della paternità divina come fondamento anche della filiazione e dignità umana, non ha smarrito anche l’appartenenza fondamentale della paternità terrena? Autorevolmente Papa Francesco: Oggi nel mondo c’è un grande sentimento di orfanezza – tanti hanno tante cose, ma manca il Padre.
Orfanezza parola rarissima nel linguaggio comune, ma costatabile nella realtà comportamentale della società soprattutto del nostro occidente. Il mese mariano e l’Anno straordinario della Preghiera che stiamo vivendo diventino per tutti noi fedeli occasioni propizie perché, soprattutto oggi nel mondo minacciato da una nuova guerra globale, rinasca la fede nella figliolanza e nella fraternità cristiana.
Rosalba Iacobucci