VANGELOSCOPIO

«QUANTI FECERO IL BENE PER UNA RISURREZIONE DI VITA E QUANTI FECERO IL MALE PER UNA RISURREZIONE DI CONDANNA» (GV 5,29)

Ritengo che comprendere il capitolo quinto del Vangelo di Giovanni sia vitale per il cammino di fede personale. Da questa pagina si riceve la rotta più certa, ci si ritrova dentro la passione più fedele. Esso tratta in particolare la vita intima che c’è in Cristo per il nostro coinvolgimento nella figliolanza divina. Ciò che riporta l’evangelista Giovanni non è mai una raccolta di parole. Per questo merita meditazione profonda, tempo, studio e preghiera. Non ci si può avventurare con letture superficiali, né, tantomeno, con la presunzione di capire tutto e subito. Il contatto con la Parola vivente consiste nell’unione con Lui e ciò avviene solo attraverso di Lui! La cosa particolare che accade quando si medita il Vangelo di Giovanni è di fatto questa: è la Parola che si fa dentro di noi, prima ancora che noi possiamo addentrarci nella sua vastità di senso. Ed è questo ricamo interiore che ci garantirà sapienza, disamina e ascolto. Una vera liturgia dell’esistenza.

Quando allora dinnanzi ai nostri occhi diviene chiara l’identità di Cristo, è allora che la figura del vero credente prende possesso di noi. Un intreccio d’amore che trasforma il credere in melodie di canto. In questo discorso sull’opera del Figlio ricorrono due verbi: udire e vivere. Verbi che coincidono e si fondono. Accogliere la voce di Gesù significa vivere! Ascoltare la sua parola consente di passare dalla morte alla vita. Nella sua prima Lettera Giovanni, infatti, scriverà esplicitamente che “Gesù è la vita eterna” (1 Gv 5,20). Noi avremo ciò che Lui è!  Ricevere la sua voce sta per conservare quanto insegna e realizzarlo. Cosa significa tutto questo? Che noi possiamo attingere la vita dalla vita stessa di Cristo. Da qui diventa per noi chiaro e definitivo il significato dei versetti 28 e 29: “…verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:  quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna”. Tutti risorgono ma in quello che hanno scelto di incarnare nella vita di tutti i giorni: il bene o il male. Ci si ritroverà realmente in quello che si è compiuto per sè e per gli altri. Una vita dedita all’amore nel campo dell’Eterno non raccoglierà altro che amore! Una vita impiegata a operare il male, a incutere paura agli altri, a schiacciarli, a manipolarli, a calunniarli, a ingannarli, non avrà altro che tutte queste infernali eredità. Ciascuno ha il potere di concepire la propria risurrezione, di rimanere in ciò che non passa, direbbe Giovanni, o di imprigionarsi nelle tenebre. Il bene che tu nutri e operi è già la tua salvezza. Il male che covi e fai è già la tua condanna. Bisogna fermarsi, sì, e pensare a fondo questo, considerando che il principio che non va mai dimenticato è che in chi crede regna inesorabilmente l’assoluta coincidenza sostanziale di essere, essenza, azione. In parole semplici: sei per sempre ciò che ami!

Ylenia Fiorenza