LA RIFLESSIONE

L’ANATRA ZOPPA

Si è appena conclusa la vicenda della nomina del sindaco della città di Campobasso. Il ballottaggio ha premiato la candidata Marialuisa Forte su Aldo de Benedittis. Ma le manca la maggioranza, avendo dalla sua parte 16 seggi comunali contro 17.

Questo avviene perché tra le complesse regole del voto nei comuni di più di 15mila abitanti c’è la possibilità del cosiddetto voto disgiunto, cioè indicare da uno a tre rappresentanti di una lista e contemporaneamente proporre come sindaco il candidato di un’altra.

Con l’eventualità che la coalizione che abbia raggiunto il maggior numero di consensi e quindi di seggi ma non superi il 50 per cento con il candidato sindaco a causa del voto disgiunto debba affrontare poi un ballottaggio che rimette in discussione la nomina del primo cittadino, come è avvenuto nel nostro caso.

Il problema è che la conseguenza del ribaltamento cui abbiamo assistito è la nomina di un sindaco privo di maggioranza. E la nostra, come e più delle altre, è una città che ha bisogno di un’amministrazione efficiente e sicura, per risolvere i vari problemi strutturali e contingenti della realtà consegnataci anche dalla difficile situazione generale, nazionale e mondiale.

Si dice in questi giorni successivi al voto che gli eletti della coalizione che ha ottenuto la maggioranza potrebbero dimettersi tutti, avviando un processo che ci ricondurrebbe a nuove consultazioni entro l’anno, purtroppo con le stesse regole.

Si dice anche, da parte del candidato sindaco sconfitto, che i componenti del gruppo che lo ha sostenuto potrebbero dimostrare un forte senso di responsabilità evitando quella soluzione e collaborando in diverse forme con la nuova amministrazione. E questo rimane un dato incerto che promette poco in termini di sereno e continuo lavoro. Prescindendo dalla considerazione che più che di responsabilità si potrebbe parlare di pur legittima difesa del seggio appena conquistato, contro l’ipotesi di nuove elezioni.

Dall’altra parte il nuovo sindaco si dice sicuro della fattiva collaborazione, richiamando il proprio metodo di dare ascolto alle istanze di tutti. Ricordiamo però che, al di là delle parole pronunciate nell’euforia dei primi momenti, le stesse trattative precedenti con il terzo candidato per ottenere la maggioranza non si erano concluse con un chiaro apparentamento sui programmi, forse per non creare contraddizione con la dura gara condotta nel primo turno tra i gruppi che si contendevano il primato contro il centrodestra.

Sono sufficienti queste considerazioni per sospettare un periodo difficile per il nostro capoluogo, non tanto per la responsabilità degli uomini quanto per quella di un sistema elettorale che si dimostra ancora una volta assurdo.

Sottolineo che chi ha raggiunto la maggioranza dei voti dei candidati nel primo turno l’ha persa poi per un voto disgiunto che non tutto si è diretto al secondo ma ha preso la direzione del terzo, Pino Ruta. Questa è una circostanza che dovrebbe pesare per contrastare i sostenitori dell’utilità di indicazioni del genere.

Il voto disgiunto, soprattutto nel caso della presenza di più di due liste, non solo travisa un risultato che avrebbe almeno il pregio della linearità, ma compromette anche l’effettiva operatività dell’esito del ballottaggio, come abbiamo riferito.

Detto tutto questo, interroghiamoci sul senso di una votazione per un nostro rappresentante a cui non concediamo poi il sindaco con cui ha concordato un programma. Possiamo incorrere nell’assurda contraddizione di sostenere da uno a tre nostri candidati a un seggio in Comune privandoli della maggioranza che consentirebbe loro di operare secondo le linee di intervento che riconosciamo come nostre?

A meno che non vogliamo risolvere questa evidente contraddizione con la più sincera e amara considerazione che, soprattutto a livello di amministrazioni di piccole città come la nostra, l’impostazione della preferenza è clientelare o parentale nella migliore considerazione. In tal caso l’orientamento dell’elettore non sarebbe quello di favorire un programma ma di far conquistare una poltrona al proprio candidato.

Circostanza provata indirettamente, del resto, dallo stesso ventilato proposito di non dimettersi da parte dei componenti del gruppo di maggioranza, minacciati in tal caso da un ritorno alle urne poco rassicurante. In proposito ricordiamo che i comuni in cui si è verificata la stessa cosa in passato sono tutti meridionali: Battipaglia, Isernia, Nocera Inferiore, Torremaggiore, Marigliano, Avellino, Latina, Lecce, Avezzano, Maddaloni, Noci, Catanzaro. In quasi tutti i casi di cosiddetta ANATRA ZOPPA le amministrazioni hanno avuto vita breve.

Speriamo dunque di non dover pagare le conseguenze di questa stravagante forma di voto. Qualsiasi progetto si affermi per la guida di una comunità deve potere svilupparsi con coerenza e continuità. Altrimenti si risolve in una problematica serie di compromessi.

Zoppa non è l’anatra, cui chiediamo sempre scusa, ma la legge infausta e sciagurata del 2000.

Roberto Sacchetti