Quando si parla di sistemi elettorali si sente dire spesso che tra i modelli che funzionano meglio c’è quello delle elezioni comunali, dove il cittadino è chiamato a scegliere direttamente il candidato sindaco e ad esprimere la preferenza per la scelta dei candidati consiglieri.
All’interno del sistema elettorale dei comuni, tuttavia, si possono distinguere due micro sistemi, a seconda che si tratti di comuni con popolazione superiore o inferiore ai 15mila abitanti.
Nei comuni più piccoli il sistema adottato per eleggere il consiglio è di tipo maggioritario, per ogni candidato sindaco vi è un’unica lista dei candidati collegata al consiglio comunale; nella composizione delle liste è necessaria la semplice presenza di candidati di entrambi i sessi, mentre nei comuni con più di 5mila abitanti il genere più rappresentato non può superare i due terzi
Il voto si esprime indicando il contrassegno relativo al candidato sindaco ed alla lista collegata, con la possibilità di esprimere un solo voto di preferenza. Nei comuni superiori a 5mila abitanti è possibile esprimere due preferenze, ma in tal caso vale la doppia preferenza di genere.
Viene eletto il sindaco che ha ricevuto più voti ed alla lista collegata sono attribuiti 2/3 dei seggi in consiglio, mentre alle altre liste sono attribuiti i rimanenti seggi proporzionalmente ai voti ottenuti. I candidati sindaci sconfitti sono eletti in consiglio, sempre che la lista collegata abbia ottenuto un numero di voti sufficiente ad assicurare almeno un seggio.
Nei piccoli comuni non è perciò necessario raggiungere la maggioranza assoluta dei voti, ma è sufficiente la maggioranza relativa dei voti validi perché venga eletto il sindaco e non si fa luogo, perciò, al ballottaggio, a meno che i candidati sindaci non abbiano ottenuto lo stesso numero di voti.
Nel caso in cui alle elezioni vi sia un solo candidato sindaco, e quindi una sola lista a sostegno, è necessario che gli elettori raggiungano la soglia del 50% degli aventi diritto al voto, in caso contrario non si potrà procedere alla proclamazione degli eletti ed il comune sarà soggetto a commissariamento sino alla successiva tornata elettorale.
Più complesso, invece, è il sistema elettorale nei comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, nei quali l’elezione del sindaco, che avviene contestualmente alla elezione del consiglio comunale, può richiedere anche un secondo turno, anche detto ballottaggio.
A ciascun candidato sindaco possono essere associate una o più liste collegate dei candidati al consiglio comunale nelle quali nessun genere può essere rappresentato oltre i due terzi.
Il voto può esprimersi con tre distinte modalità:
– Si può esprimere la preferenza solo per il candidato sindaco, in tal caso l’elettore rinuncia ad esprimere il proprio voto per il consiglio comunale;
– Si può esprimere la preferenza sia per il candidato sindaco sia per una lista collegata, oppure esprimere il voto solo ad una lista ed il voto verrà attribuito automaticamente anche al candidato sindaco collegato;
-Si può esprimere il voto disgiunto, ovvero votare un candidato sindaco e al contempo votare una lista collegata ad altro candidato sindaco.
Quanto alle preferenze, l’elettore potrà esprimere sino a due voti, purché vengano individuati due candidati di sesso diverso, c.d. doppia preferenza di genere.
È eletto il candidato sindaco che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validi (50%+1). In caso contrario, sarà necessario il secondo turno, da tenersi dopo due settimane, tra i due candidati sindaci che hanno ottenuto più voti.
Entro sette giorni dal primo turno i candidati sindaci ammessi al ballottaggio possono dichiarare il collegamento con quelle liste che nel primo turno avevano sostenuto i candidati sindaci esclusi dal ballottaggio.
Al secondo turno gli elettori sono chiamati a scegliere solo il candidato sindaco, mentre le liste saranno riportate sulla scheda solo per conoscenza. È eletto sindaco il candidato che ha ricevuto il maggior numero di voti.
Più complesso è il meccanismo di ripartizione dei seggi nei comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, poiché, differentemente dai piccoli comuni, il sistema è misto, proporzionale, con un premio di maggioranza.
In caso di vittoria del sindaco al primo turno, alle liste collegate, che non abbiano già conseguito il 60% dei seggi in consiglio, ma che abbiano ottenuto almeno il 40% dei voti validi, viene assegnato il 60% dei seggi, in modo da garantire al sindaco eletto una cospicua maggioranza. Tuttavia, il premio di maggioranza non scatta qualora le liste collegate all’altro candidato sindaco abbiano superato il 50% dei voti validi.
In caso di vittoria al secondo turno, alle liste elettorali collegate al sindaco che non abbiano già conseguito il 60% dei seggi in consiglio, viene assegnato il 60% dei seggi. Tuttavia, il premio di maggioranza non scatta qualora le liste collegate all’altro candidato sindaco abbiano superato il 50% dei voti validi.
Dall’analisi del sistema elettorale dei comuni si evince una netta distinzione tra ciò che accade nei comuni più piccoli – inferiori ai 15mila abitanti – nei quali non esiste il voto disgiunto e non si procede al ballottaggio e il sindaco può, indipendentemente dal risultato elettorale, contare su di una solida maggioranza in consiglio, già predeterminata per legge ed un più articolato e complesso sistema delineato per i comuni più grandi.
In questi ultimi, infatti, la presenza del voto disgiunto se da un lato lascia all’elettore la libertà di votare un candidato sindaco e una lista ad esso non collegata, di fatto rendendo l’elezione del sindaco e quella del consiglio comunale due elezioni a sé stanti, dall’altro può determinare un risultato elettorale incerto, per cui il sindaco eletto non ha la maggioranza in seno al consiglio comunale (c.d. anatra zoppa).
L’attuale sistema elettorale dei comuni, entrato in vigore nel 1993, si poneva l’obiettivo, con l’elezione diretta del sindaco, di ovviare ai problemi di instabilità amministrativa dei comuni che con il vecchio sistema elettorale si era andato sempre più aggravando fino ad inficiare enormemente la capacità operativa dell’ente comunale. In precedenza, infatti, il sindaco era eletto non direttamente dai cittadini, ma in seno al consiglio. Era quindi il consiglio comunale l’organo più importante dell’ente, in quanto il sindaco da esso traeva il suo mandato e ad esso perciò doveva rispondere, potendo essere sostituito in ogni momento nel corso del quinquennio.
Con l’elezione diretta del sindaco e quindi con la sua legittimazione diretta da parte del popolo, da un lato sono stati risolti i problemi di instabilità dei comuni che l’abrogato sistema elettorale aveva determinato e dall’altro lato si è data la possibilità al sindaco di programmare l’attività amministrativa per la durata del mandato amministrativo, rispondendo direttamente agli elettori del proprio operato.
Vi è però anche da sottolineare che con il nuovo sistema elettorale il ruolo del consiglio comunale è stato non poco mortificato, infatti da luogo centrale dell’attività politico-amministrativa dell’ente, dal quale passavano tutte le decisioni più importanti, tra tutte l’elezione del sindaco, l’attività del consiglio comunale è stata enormemente ridotta e nel corso degli anni ad esso sono state sottratte sempre più competenze. In altri termini, il sindaco è diventato detentore quasi esclusivo del potere, mentre il ruolo del consiglio è stato ridotto alla quasi totale irrilevanza, eccezion fatta per il voto di sfiducia al sindaco.
Nei comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, tuttavia, residua ancora un margine di manovra per i consiglieri comunali e il ruolo del consiglio può essere ancora determinante.
Si pensi proprio al caso in cui il sindaco eletto non abbia la maggioranza in seno al consiglio comunale. Ebbene in tal caso il ruolo del consiglio torna ad essere preminente, poiché è al suo interno che il sindaco avrà il diritto ed il dovere di trovare una soluzione che eviti una situazione di stallo che blocchi le attività amministrative dell’ente.
In tal caso se è vero che al sindaco deve essere data la possibilità di amministrare, sulla scorta del mandato elettorale conferito direttamente dal popolo, è altrettanto vero che al consiglio comunale, i cui rappresentanti pure sono stati eletti dal popolo, deve essere data la giusta centralità.
Tale reciproco rispetto istituzionale può aversi solo attraverso un accordo capace di garantire da un lato il sindaco e dall’altro lato la maggioranza consiliare, entrambi usciti vincitori dalle urne. L’arte del compromesso, se utilizzata a beneficio dell’Ente amministrato e dei cittadini, può restituire alla politica l’importanza che nel corso degli anni ha perduto per aver inseguito gli interessi di parte a discapito dell’interesse comune.
A ben vedere, quindi, non vi sono sistemi elettorali “perfetti”, in ogni legge elettorale sarà difficile riuscire a trovare il giusto equilibrio tra i vari organi elettivi affinché l’uno non prevalga sull’altro o, almeno, per evitare che vi sia un eccessivo sbilanciamento tra di essi. Neppure esistono sistemi elettorali capaci di garantire la “governabilità” sempre e comunque. Anche il sistema elettorale comunale necessiterebbe di alcuni correttivi volti a riequilibrare i poteri degli organi elettivi e ad evitare che all’indomani delle elezioni vi siano situazioni di stallo che rendono impossibile o estremamente difficile l’amministrazione dell’ente comunale.
In conclusione può dirsi che solo se l’elettore ha una conoscenza minima del sistema elettorale di riferimento è in grado di esprimere un voto libero e consapevole fino in fondo.
Stefano Martino