La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 2024

COP 29, NON ABBIAMO PIÙ TEMPO

«È essenziale cercare una nuova architettura finanziaria internazionale che sia incentrata

sulla persona, audace, creativa e basata sui principi  di equità, giustizia e solidarietà…

la società, sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli.

Lo sviluppo economico non ha ridotto le disuguaglianze. Al contrario, ha favorito

la prioritizzazione del profitto e degli interessi particolari a scapito della protezione dei più deboli

ed ha contribuito al progressivo peggioramento dei problemi ambientali…

Possa il principio di responsabilità comuni, ma differenziate e rispettive capacità guidare

e ispirare il lavoro di queste settimane».

(Discorso di Papa Francesco alla Cop 29 a Baku)

 

Il pianeta è malato

È in corso (dall’11 al 22 novembre) a Baku, in Azerbaigian, la riunione annuale dei Paesi (quasi 200) che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. La Conferenza, che dovrà stabilire nuovi impegni di finanza climatica, si presenta con criticità legate sia alla scelta del paese ospitante, la cui economia si basa su petrolio e gas, sia all’assenza dai maggiori leader del mondo e di tanti attivisti ambientali, attesa la difficoltà di manifestare liberamente, in quanto il governo impone restrizioni. Inoltre, la nuova presidenza Trump (negazionista della crisi climatica) alla guida degli Stati Uniti, non fa ben sperare, avendo anticipato la volontà di uscire dagli accordi di Parigi del 2015, che prevedevano la riduzione del surriscaldamento globale (-1,5 gradi centigradi). La promessa dell’aumento delle trivellazioni per la produzione di nuovo gas (drill, baby, drill; frack, frack, frack, mantra utilizzati in campagna elettorale: perforazioni e spaccare il terreno), certamente non orienta la riduzione dell’utilizzo dei prodotti fossili, inoltre, tali scelte potrebbero avere un effetto trainante anche su altri Paesi.  Al contrario, è di tutta evidenza quanto l’accelerazione dei recenti  fenomeni ambientali estremi, che hanno colpito Valencia, il nord Europa, l’Italia, l’Africa, la Florida, la California, la Colombia, per citare gli ultimi in ordine di tempo, abbiano reso chiaro il legame tra lo sfruttamento delle risorse ambientali e le sue conseguenze sul clima, sulla natura e la salute umana. Il pianeta è malato, ha bisogno di interventi urgenti da parte di tutti gli Stati. Occorre mettere la questione climatica al centro delle politiche globali, perché l’ambiente è un problema che riguarda tutti sia a livello personale che politico, nella considerazione, peraltro, che la giustizia climatica è strettamente correlata alla giustizia sociale e alla costruzione della pace. Sono, infatti, i più poveri i soggetti che maggiormente risentono della crisi climatica.

Aspettative e speranze

L’obiettivo principale della Cop 29 è stabilire l’entità di aiuti finanziari che il Nord del mondo dovrà erogare al Sud a partire dal 2025 per ridurre le emissioni e minimizzare gli impatti del riscaldamento globale, aiutando a rimediare alle perdite ed ai danni derivanti dal cambiamento climatico, attivando e potenziando il Fondo (Perdite e danni, istituito nel 2022 alla Cop27, con 100 miliardi di dollari annui). Occorre stabilire quanti saranno i finanziamenti pubblici e quanti quelli privati, specificando, nel contempo, se gli aiuti saranno erogati in quanto sovvenzioni ovvero prestiti.

Come sostiene Licypriya Kamgujam, attivista indiana di 12 anni: “è triste vedere come il mondo spenda miliardi di dollari in armi ed in guerre e non investa, invece, nella lotta alla riduzione della povertà, nel cambiamento climatico e nella promozione dell’istruzione”.

La speranza è che si possano trovare soluzioni sostenibili a vantaggio del pianeta e di tutti gli esseri viventi e, soprattutto, si possa annullare il debito dei Paesi poveri come atto di giustizia climatica.

Afferma papa Francesco: “L’egoismo individuale, nazionale e di gruppi di potere — alimenta un clima di diffidenza e divisione che non risponde ai bisogni di un mondo interdipendente nel quale dovremmo agire e vivere come membri di un’unica famiglia che abita lo stesso villaggio globale interconnesso… nella considerazione, peraltro, che “nel discutere di finanza climatica è importante ricordare che il debito ecologico e il debito estero sono due facce della stessa medaglia che ipotecano futuro”. Un’economia con basso impatto ambientale basata su criteri di sostenibilità potrebbe salvare il pianeta.

Silvana Maglione