1700 ANNI DEL CONCILIO DI NICEA

LO SGUARDO A NICEA, IL PRIMO CONCILIO DELLA CHIESA UNITA

Sono crescenti e incisivi gli studi attorno al Concilio di Nicea, del 325, anche per la inaspettata coincidenza, carica di solidi messaggi ecumenici, che quest’anno tutte le Chiese cristiane festeggeranno la festa della Pasqua nella stessa data del 20 aprile. Perché fu proprio quel Concilio importantissimo a determinare la modalità del festeggiamento liturgico della Pasqua, basandola sulla periodicità della luna, nel suo calendario.

E mi piace riportare una battuta simpatica di un mio docente della Università Gregoriana, di Roma, che, citando un noto storico inglese, faceva questa originale ed inaspettata osservazione: “è merito di uno iota, posto nella parola centrale delle decisioni teologiche di Nicea, se abbiamo oggi le ferrovie in Europa”.

Lo scopriremo un po’ alla volta, man mano che avremo modo di ripercorrere la storia di questo evento singolare, che il Papa nella Bolla di indizione del Giubileo definisce “Pietra miliare della storia della Chiesa”.

Quattro le domande che ci poniamo in questo articolo: perché è stato convocato questo Concilio? Chi lo ha fatto e per quali ragioni? Come si è arrivati alla definizione centrale della fede nicena? Quali le conseguenze teologiche ed antropologiche successive?

Il 325 segna un passaggio epocale della storia cristiana. Le persecuzioni erano appena finite, Il sangue dei martiri era ancora fresco, sulle piazze e nelle carceri, per la durezza di Diocleziano e di Licinio, che vedevano nella fede cristiana una grossa limitazione al potere statale e perciò furono spietati nella sua repressione. Vanamente, perché non solo la fede non venne meno, ma fu anzi rafforzata da resistenza con una schiera qualificatissima di martiri cristiani, tanto da far edificare lo stesso mondo pagano.

Rispondiamo ora alle domande che ci siamo poste. Il Concilio era stato convocato dallo stesso imperatore Costatino, per porre fine ad una eresia devastante, di grave danno sia alla Chiesa che alla stessa compagine imperiale. Era la eresia ariana, sostenuta da un pio presbitero di Alessandria, Ario, che voleva ridare pienezza di importanza alla figura centrale trinitaria del Padre, diminuita, secondo lui, dalla tesi dell’uguaglianza piena del Padre con il Figlio Gesù. Il Padre (sosteneva Ario) è più importante del Figlio Gesù. Le tre figure trinitarie non sono, secondo lui, sullo stesso piano. Non hanno perciò la medesima dignità. E di conseguenza, questo pensiero teologico generava una triste ricaduta negativa anche sul piano antropologico e sociale: se le persone divine infatti non sono della stessa dignità, nemmeno quelle umane lo sono. C’è chi vale di più e chi conta di meno. C’è chi si siede al primo posto e chi all’ultimo! Poiché è la teologia a determinare sempre l’antropologia e la sociologia.

Il virus dell’errore spirituale corrodeva così l’intera società. Non si poteva restare inerti. Era necessario ricomporre la questione teologica, per risanare poi il piano umano. Questo era appunto il grande compito affidato ai circa 300 vescovi, convocati dall’imperatore il 20 MAGGIO DEL 325, a Nicea, dove era posto il palazzo imperiale, nella cittadina di Nicea, non era grande ma centrale per tutti, sotto la vigilanza del Papa di Roma, che aveva inviato i suoi delegati autorevoli. La discussione fu vivacissima. Varie e ben differenziate le posizioni dei Vescovi. C’era chi difendeva con forza la tesi dell’uguaglianza tra il Padre e il Figlio, come Atanasio, giovane vescovo, ben preparato e coraggioso, limpido in tutto. Ma c’era anche chi pensava che il Figlio fosse semplicemente “simile e non uguale al Padre!”. In greco c’è una sottile differenza tra i due termini, differenziati da una sola iota. E per una sola iota, diremo, fecero così grandi battaglie teologiche? Certo e giustamente, perché quella sottile differenza determinava tutto. Anche la presenza in Europa delle ferrovie!

Somiglianza o uguaglianza? Ecco il nodo. Anche perché in alto, nel mondo politico imperiale, si propendeva per la tesi della somiglianza e non per quella della uguaglianza. Si faceva fatica a sostenere la tesi di Atanasio, per cui un umile contadino valeva come un imperatore. Era più comodo aderire alla tesi di Ario, sposata soprattutto dai grandi vertici politici. Si narra anche di un sonoro schiaffo, dato da san Nicola, ad Ario, in pubblico, davanti a tutti, perché tacesse e ritirasse le sue tesi, sbagliate teologicamente e ingiuste socialmente.

La definizione nicena

Il Giubileo attuale rilancia ora l’integrità della nostra fede. E ci fa comprendere, ancor di più di ieri, come soltanto una corretta teologia, cioè una fede Battesimale, ben fondata, sia poi capace di sostenere una intera compagine sociale e culturale. Tutto parte da quel CRISTO, visto nella sua pienezza. Ci piace, perciò, rileggere, insieme con voi, un testo preziosissimo, redatto dal Vaticano II, il Concilio vicino a noi, che ci ha plasmato. Scrivono i padri conciliari, nel documento Gaudium et Spes, (al numero 22), riprendendo così in pieno le tesi di Nicea: “Cristo, nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione, perché in Cristo tutta la natura umana è stata assunta e innalzata a dignità sublime. Gesù infatti ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo e ha amato con cuore d’uomo”. E’ forse la più completa definizione di Cristo che illumina tutto il nostro percorso giubilare. Esultiamo, sì, nel leggere queste parole di fermezza teologica e di immensa valenza antropologica!

La fede di Nicea fu poi tradotta nel famoso simbolo battesimale  Niceno, che venne completato nel successivo concilio di Costantinopoli (381) e poi, dopo il validissimo apporto di pensiero dei tre teologi della Cappadocia, fu accolta nel Concilio di Efeso (431) e recepita ufficialmente come simbolo niceno-costantinopolitano nel concilio di Calcedonia (451). Quanta strada, con fatiche, ricerche, preghiere e sofferenze, in tanti concili locali. Ma anche con l’esilio e il martirio di molti, Ad esempio, il Vescovo Atanasio fu esiliato ben cinque volte. La fede di Nicea non era  per nulla scontata, specie dal potere imperiale che sosteneva più comodamente la tesi della somiglianza (e non quella della uguaglianza!).

Il simbolo niceno portò una speranza meravigliosa, nel cammino della chiesa. Erano parole bellissime che rileggiamo oggi, ogni domenica, con esultanza, nella speranza di un segno ulteriore di crescente unità ecclesiale. Infatti, poiché l’attuale datazione della Pasqua è stata fissata nel concilio di Nicea, il Papa chiede a tutte le confessioni cristiane di trovare una data fissa, unitaria, per la celebrazione della santa Pasqua, come, per una singolare coincidenza, avverrà già nella prossima Pasqua del 20 aprile 2025, quando sentiremo il medesimo annuncio di gioia, condiviso da tutti: “Hodie surrexit Chistus spes mea!.

Sarebbe bellissimo!

+ padre GianCarlo Bregantini, Vescovo emerito