«...E QUANDO SARAI PICCOLA…TI AIUTERÒ A CAPIRE CHI SEI»

QUANDO I GENITORI DIVENTANO FIGLI

Il ciclo della vita che si compie, i ricordi che svaniscono, la coscienza di sé e di ciò che ti circonda che continua ad affievolirsi.

“È così che, piano piano, giorno dopo giorno, lo vedo andare via, dimenticare il suo nome, chi è, e chi gli è vicino non lo riconosce più.”

Questo mi racconta Ginevra (nome di fantasia), mi riporta, con la voce rotta dall’emozione, l’esperienza della malattia del suo papà, poco più che ottantenne, che sta vivendo negli ultimi anni la battaglia con una delle più diffuse patologie dei nostri tempi.
“Di mamma mi dice: “No, non è lei, non è mia moglie, è solo una che le somiglia! – Io provo a rassicurarlo ma niente, non c’è verso, il più delle volte insistentemente ripete che lei non c’è e, disperato, mi chiede di aiutarlo a ritrovarla! Ed io, di nascosto piango… perché lo vedo, ma mi accorgo che un po’ per volta sto perdendo il mio papà! E la fitta al cuore è forte, perché dentro di me so di non poterti sottrarre a questo buco nero che ti attira pericolosamente a sé, confondendo i tuoi pensieri più intimi, i ricordi, gli affetti.”

La chiamano morbo di Alzheimer o demenza, crudele malattia degenerativa e progressiva che influenza mente, corpo e relazioni, portando con sé frustrazione e disorientamento, compromettendo lentamente la capacità di ricordare i volti delle persone care e di non riuscire più a trovare le parole per esprimere i pensieri.

Le persone affette dall’Alzheimer diventano socialmente ritirate ed hanno difficoltà a riconoscere i volti di amici e familiari; in alcuni casi, sviluppano comportamenti aggressivi o irrazionali, che rendono la quotidianità particolarmente dolorosa e difficile da gestire per i caregiver.

In alcuni casi, nelle forme moderate o avanzate di malattia di Alzheimer, si possono manifestare problemi di insonnia e agitazione che richiedono un trattamento farmacologico specifico.
Poi, con il progredire della malattia, il soggetto perde progressivamente la propria autonomia e la capacità di interagire con le altre persone. Nello stadio finale possono comparire incontinenza, crisi epilettiche, rigidità muscolare e progressiva difficoltà nella deambulazione fino all’allettamento.
Benché i progressi scientifici siano numerosi, per la malattia di Alzheimer non sono attualmente disponibili terapie risolutive, ma trattamenti che aiutano nella gestione dei sintomi, rallentandone la progressione; diviene, pertanto, essenziale la presenza dei tanti centri specializzati nell’accoglienza dei malati di Alzheimer, che coadiuvano i familiari nel soddisfacimento dei bisogni dei pazienti.
Ciò che resta è, in ogni caso, uno scenario capovolto nel quale i ruoli appaiono letteralmente invertiti: i figli diventano genitori dei propri genitori. E no, non è soltanto un gioco di parole, ma la personificazione reale di un amore altissimo, a mezzo del quale si è chiamati a restituire a chi ci ha generato, cresciuto ed amato sopra ogni cosa la cura e l’affetto ricevuti da tutta una vita, perché i genitori amano così, sempre e per sempre, incondizionatamente.

E al cospetto di una patologia tanto invalidante quanto invadente, da figli, siamo chiamati a rendere alla mamma o al papà lo stesso amore, cristianamente inteso come testimonianza pura di resilienza, della tutela e protezione della vita in ciascuna delle sue fasi che, per quanto difficili e contrassegnate dalla sofferenza, sono permeate dell’amore di Dio e dell’amore per la vita stessa.

Perché alla fine del cammino resti il senso più profondo e vero dei legami, la vita oltre il tempo e il tempo oltre la vita.

“È ancora un altro giorno insieme a te.

Per restituirti tutta questa vita che mi hai dato

E sorridere del tempo e di come ci ha cambiato.

Quando sarai piccola  ti stringerò talmente forte

che non avrai paura nemmeno della morte

Tu mi darai la tua mano, io un bacio sulla fronte

Adesso è tardi, fai la brava. Buonanotte.”

(S. Cristicchi)

 

Mariagrazia Atri